mercoledì 25 novembre 2009

Ode al giorno felice

Per inaugurare questa mia nuova avventura, ho scelto un articolo del Sunday Telegraph ritagliato mesi orsono (15 febbraio 2009, arg). Giustamente, come mi è stato fatto notare, questo blog non mira all’attualità, non ci saranno notizie “con la data di scadenza”, ma semplicemente spunti di riflessione. O così si spera ;-)

L’articolo in questione titola: Happiness? It’s just a simple pleasure (“La felicità? Un piacere semplice”) e sostiene – con semplicità disarmante – che la felicità, stando ad uno studio del Professor Ryan Howell (San Francisco State University), è fatta più che altro di ricordi, non tanto di oggetti materiali. Le persone che, dunque, scelgono di investire il proprio denaro in “semplici piaceri” quali un’uscita a cena, uno spettacolo teatrale, sono mediamente più felici di coloro che spendono alte cifre in beni più meramente materiali. Questo perchè, continua il Professor Howell, i ricordi delle esperienze aiutano l’essere umano a “sentirsi vivo”, ben più degli oggetti di cui si circonda.
La ricerca, condotta su un campione di 154 studenti con un’età media di 24 anni, chiedeva ai soggetti intervistati di descrivere un oggetto recentemente acquistato, o un’esperienza trascorsa da poco. In seguito i ricercatori hanno rilevato (l’articolo, però, non specifica come: attraverso un questionario? E se sì, quale? Attraverso una Scala di Valori? Attraverso un’intervista?) il “livello di felicità” degli studenti, scoprendo – come è stato detto nell’introduzione dell’articolo – che i livelli di felicità erano più elevati in coloro che avevano speso il proprio denaro per cene, teatri o viaggi, piuttosto che in coloro che avevano acquistato vestiti o televisori.

Troppo semplice e anche un pò scontata la domanda che mi sorge spontanea leggendo quest’articolo: embè, cos’è la felicità? Si può dare una risposta universalmente valida? Che cosa ci ha detto, inoltre, che già non sapevamo o non avevamo intuito con la nostra esperienza, questo articolo?
Domande più che legittime, risposte invece alquanto difficili. Sulla felicità hanno scritto e dibattutto personalità ben più eminenti ed erudite di me, sarebbe inutile impelagarsi in una problematica che si può dire, sia nata con l’uomo.
Altrettanto diffusi, purtroppo o per fortuna, sono i così detti manuali di auto- aiuto (alcuni esempi: [2009], Jekins Mary E., Guida alla Felicità – cambia la tua vita e realizza i tuoi desideri con il pensiero positivo, Elfi Edizioni; [2009], Morelli R., La felicità è dentro di te, Oscar Mondadori; [2009], Fumagalli F., Felicità, il tesoro nascosto – I segreti e la mappa della felicità, Anima Edizioni; etc.), insomma ognuno sembra avere una (o più) risposte alla spinosa questione.

Un altro aspetto, secondo me molto interessante di questo articolo, è il risultato abbastanza prevedibile della ricerca. I proverbi, del resto, sono dalla parte di questi risultati (La felicità non si può comperare; i soldi non danno la felicità). Insomma, per essere felici, quello che conta sono le nostre esperienze personali, i nostri vissuti.
Potremmo allora azzardarci a sostenere che Il discorso del Capitalista di Jacques Lacan declinato ai giorni nostri possa essere valido (in parte, o in toto)? Ossia: nonostante la nostra società ci riempia di oggetti (anche non richiesti), ci bombardi di messaggi pubblicitari, di slogan, di imperativi, la nostra felicità (e da qui, il nostro benessere) possano derivare non dagli oggetti onnipresenti, ma dalla nostra capacità di rimanere Soggetti (con la S maiuscola!)?
E ancora: possiamo forse affermare che alcuni disagi contemporanei (penso ai Disturbi Alimentari, alle Dipendenze, agli Attacchi di Panico) derivino proprio da questo “ingozzamento”, che ci fa soffocare, che fa smarrire la strada, che riempie un vuoto che in realtà dovremmo sentire, senza riempire compulsivamente con cibo, alcol, o paura? Un vuoto che ci consenta di percepire l’altro, ma anche noi stessi?

Un invito, forse, a riscoprire le nostre passioni, senza vergognarci della nostra felicità, per quanto semplice e disarmante possa essere.

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